Mentre io traccio su
fogli di carta, grossi segni di penna che, più intensi sono, più mi
rassicurano, lei si accosta alle sue pagine, con leggeri segni grigi,
simbolo del rispetto che nutre per la naturalezza della carta.
Mentre lei ha usato i
freddi tasti di un computer, solo quando ha deciso che il suo vissuto
dovesse essere conosciuto da altri, io pigio (e, a volte, persino maltratto) i tasti del computer, perché nella mia anima, si
lottano due forze opposte: una che mi dice che devo custodire il più
gelosamente possibile la nostra storia, ed un'altra che invece mi
grida che, arrivata a questo punto, non è più possibile tenersi
dentro tutto ma anzi, si è quasi obbligate a raccontare ciò che
stiamo vivendo.
Farlo da un luogo
pubblico, come, appunto, la tastiera di un computer, ci è utile a
pesare ogni singola parola. Cioè a fare ciò che mai ci verrebbe in
mente, se ci confinassimo nella privacy di un quaderno.
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