Davvero non si vede la luce in fondo al tunnel.
In giro sento dire che in Italia non cambia mai nulla, il lavoro che non c'è e poco altro, ma comunque nulla di particolarmente entusiasmante.
Eppure io quella luce riesco a vederla.
E non credo sia infondato ottimismo.
Credo che ce la faremo se ci sforziamo di cambiare punto di vista.
Lo faccio quando misentoincompresa, anche se forse non lo sono realmente.
Sono le occasioni in cui vorrei approfondire per conto mio, temi sociopolitici che non mi sembrano così lontani come vorrebbero molte persone intorno a me. Infatti, sono sempre più combattuta tra il seguire i miei interessi, senza per questo imporre agli altri i miei punti di vista.
Terzo e ultimo motivo di ricerca di solitudine, è la maggior capacità di far fluire e poi gestire gli attacchi di panico che, pur essendo molto migliorati nel corso del tempo, non mi hanno ancora abbandonato completamente.
Un'illuminanteconversazione mi ha permesso di cambiare punto di vista sulle persone che indossano una corazza decisamente troppo dura.
Nella maggior parte dei casi questo atteggiamento è dovuto al fatto che, nel corso della vita, hanno dovuto fare i conti con forti sofferenze.
Vero questo, dovrei essere più indulgente, nei loro confronti; eppure non riesco a non pensare che potrebbero farsi curare, oppure comunque chiedere aiuto, affinché la loro corazza, non li chiuda fuori dal Mondo.
Nella frizzante puntata di stasera del mio programma radiofonico preferito, ne approfitto per parlare di quanto fastidio mi provoca l'atteggiamento di molte persone che, parlando con me, non prestano sufficiente attenzione al tono della loro voce.
Per non parlare poi, dei momenti in cui, piuttosto che ripetere di stare calmi, con un timbro che significa l'esatto contrario, sarebbe molto più efficace un abbraccio silenzioso...Mafalda docet...
Al ritorno dalla seduta di idroterapia, mi sento davvero stanca e ho dolori piuttosto forti alla gamba destra.
Vorrei solo andare a letto, ma tento di scherzare sulla mia situazione.
La sua risposta non si fa attendere:
stai male perché, a parte in piscina, per il resto di movimento, ne fai ben poco!
A nulla è valsa la mia spiegazione (che era poi anche quella della mia istruttrice) e cioè il fatto che la mia paura dell'acqua, non mi fa percepire quella sensazione di leggerezza, tipica dei momenti trascorsi in piscina.
Insomma, questo episodio è stato purtroppo l'ennesima prova del fatto che, mentre io cerco di non giudicare il dolore altrui, ciò non vale nei miei confronti.
E questo fa male, molto male, perché spesso scatena liti, con il rischio che le parole mi sfuggano di mano.
Prendo spuntoda Mettiviaquel cellularedelgiornalistaAldoCazzullo. Inrealtàèstatopresentatoancheall'edizionediPordenoneleggedi quest'anno, ma io non ho nė assistito al dibattito nė comprato il saggio.
Tuttavia ne ho letto alcuni commenti su un settimanale, che mi hanno molto incuriosito.
Si tratta di un dialogo che il giornalista ha con i suoi due figli: lui sostiene che l'uso costante dello smartphone impoverisce irrimediabilmente i rapporti umani (per esempio, gli occhi costantemente incollati ad uno schermo impedisce gli incontri di sguardi).
Di contro loro sostengono che le nuove tecnologie aiutano ad ampliare le reti di relazione e, sempre più spesso, creano nuove opportunità di lavoro.
Prendendo spunto da questo dialogo, ribatto alla sua convinzione secondo cui uno smartphone in mano ad un adolescente non serve a nulla.
È infruttuoso anche il nostro confronto perché, specie sull'attualità, le nostre posizioni non si incontrano mai.
Gli
amici servono proprio a questo: a migliorarsi. Migliorarsi,
in questa fase della mia vita, vuol dire ascoltare anche i problemi
degli altri senza per questo venirne travolti fino ad avere io stessa
bisogno di aiuto per tranquillizzarmi. Non
posso permettermelo: costringerei le persone intorno a me a
nascondere le loro lacrime.
Perché
i miei amici hanno sempre asciugato le mie. Lo devo loro.
Lei mi mostra alcune foto della nostra famiglia prima della mia nascita e non posso far a meno di notare il fatto che, negli anni in cui ancora io non c'ero, loro trascorrevano molto più tempo tra la gente con feste, uscite, visite anche di amici.
No, non voglio assolutamente dire che hanno cambiato stile di vita per colpa mia, ma certo vorrei che ora tornassimo ai vecchi tempi perché, ne sono sicura, anche a lei piace(va) la compagnia. E, da parte mia, non ho motivo di credere che, presto o tardi, non possa tornare per noi, la vita in cornice.
Lei che di solito preferisce dimostrare il suo affetto in un altro modo.
Quando lei entra in camera mia e ci vede, ci dice che vorrebbe vederci più spesso abbracciate così.
Rifletto molto su questo, come sempre capita quando qualcosa la fa soffrire.
Ok, ha ragione lei. Anche a me piacerebbe che tra noi ci fosse maggiore complicità. Ma la nostra è tutta questione di visioni opposte del Mondo, di cui però questi sono momenti di preziosa unitone tra noi.
A
Pordenonelegge con una delle mie migliori amiche (per me Sharazad),
mentre tra i banchi di libri le parlo dei miei amori platonici. Ok,
sono platonici, ma almeno ora ho le idee chiare su quali
caratteristiche deve avere il mio uomo ideale: deve essere
profondamente empatico (tra l'altro l'empatia è uno degli antidoti
contro la violenza, di gemere, ma non solo), nonché avere un chiaro
progetto per un futuro realizzabile che mi faccia scoprire ogni
giorno, l'entusiasmo per la Vita.
E la
passione per la lettura, credo, abbia molto a che fare sia con la
capacità di mettersi nei panni degli altri, sia con la possibilità
di guardare al proprio futuro con un entusiasmo ricco di progetti
concreti.
Perché pensare che la lettura sia una passione che porta ad isolarsi dal Mondo?
Dimostriamo che si può stare insieme, leggendo un libro.
A chi potrebbe interessare questa visione della lettura?
A tutti, credo. Perché la lettura porta con sé lo straordinario pregio dell'empatia, la capacità di mettersi nei panni di chi ci sta attorno.
Quindi il Socialibro si rivolge a tutti?
A tutti, certo! Ma lo immagino soprattutto rivolto alle persone adulte ed anziani. Questo perché credo che le iniziative di promozione della lettura dedicate ai più piccoli sono numerose ed estremamente efficaci.
Rivolgersi agli adulti credo sia utile per una coltivazione permanente dell'empatia.
Per quanto riguarda gli anziani è importante coinvolgerli per proporre un'iniziativa da affiancare alle ai già lodevoli pranzi, castagnate per favorire la socialità tra anziani.
E poi c'è il Bookcrossing?
Anche lo scambio di libri è decisivo per la socialità dei lettori ma anche per la vita dei libri.
Perché pure loro hanno diritto ad avere una loro socialità!
Oggi
mi sento come la protagonista dell'omonimo romanzo di Stefano Benni.
È
vero che la regola aurea dell'Appassionata Lettrice impone che non si
citi mai un libro che non si è (ancora) letto.
Questa
volta, però, posso fare uno strappo alla regola grazie alla mia
migliore Amica Librosa perché me ne ha parlato molto spesso, ma
senza mai fare dello spoiler (cioè senza anticiparmi il finale).
Ciò
che di questo romanzo mi ha incuriosito, sin dalla prima volta in cui
la mia amica me ne ha parlato, è il fatto che la protagonista,
proprio come me, ha una visione della realtà circostante spesso
diversa (controversa?), causata dai molti libri che legge. Questo le
rende particolarmente difficile confrontarsi in modo costruttivo
specie con quella parte del Mondo assolutamente refrattaria alla
lettura.
Riprendo
oggi a scrivere qui perché, fino a questo momento, sono stata
troppo impegnata a vivere per scrivere.
Invece
ho trovato il tempo di riprendere in mano carta e penna perché mi
mancava troppo il movimento della mia mano che fa danzare la penna
sulla pista di carta .
L'ho
fatto anche per altri due motivi: primo perché mi sono accorta che
la mia capacità di tracciare segni armoniosi sulla carta è
diminuita drasticamente nel corso del tempo; secondo perché volevo
allontanarmi, almeno per una mezz'ora al giorno, dalla freddezza di
una tastiera.
A
onor del vero, ricordo che, molti anni fa per convincermi a scrivere
delle mail, una mia Amica mi disse che scrivere su uno
schermo o su un foglio di carta, fa lo stesso: infatti entrambi, essendo bianchi, aprono la strada ad infinite possibilità.
Tutto
vero, tranne che per le lettere d'amore: quelle devono
obbligatoriamente essere una danza su una pista di carta!
Non
sono mai stata una persona che percorre alcune strade di vita solo
perché anche quella delle mie più care amiche, ha preso quella
direzione.
Così,
dopo la scuola media, ho scelto il liceo, anche se gran parte delle
mie amiche, aveva preferito un istituto tecnico.
E
così ho fatto anche all'università (nessuna delle mie amiche
storiche ha studiato Filosofia).
Fino
agli anni universitari, guarda caso, la mia vita ha viaggiato su
binari tranquilli, perché avevo scelto
una
direzione ben precisa ed anche perché, nonostante la mia sedia a
rotelle, sentivo di camminare di pari passo con loro.
Poi
sono cominciati gli anni difficili, quelli dello smarrimento e della
tristezza che, per troppo tempo, mi hanno inchiodato
a terra.
Allora,
ho cercato di resistere con tutte le mie forze, per non essere
trascinata al largo da una violenta corrente.
Mi
sono aggrappata
ad uno Scoglio.
Fin
che ho avuto sufficiente forza nelle mani, tutto è filato più o
meno liscio.
Poi,
però un giorno, la ma vista ha cominciato ad annebbiarsi, fino a non
farmi più distinguere l'orizzonte davanti a me.
Allora,
purtroppo, ho capito che abbarbicarmi su quello Scoglio, ha il solo
effetto di lasciarmi
indietro rispetto
alla vita di molte giovani Donne che vedo accanto a me.
Ma
ho scelto la stessa forma che uso quando scrivo a lui, perché tu e
Sharazad siete le mie nuove amiche. O, per meglio dire, le persone
che mi hanno insegnato un nuovo
tipo
di amicizia.
Un'amicizia basata su un grande obiettivo umano: portare un sorriso
nel Mondo, in quel mondo prigioniero della malattia. Con voi sto
toccando davvero con mano il valore profondo di offrire il proprio
tempo a quelle persone che non riescono più a chiedere del tempo per
essere
ascoltati.
E
così arrivo al punto: anch'io, pur non essendo malata, vi ho
conosciuto in un momento in cui il mio tempo mi appariva vuoto di
entusiasmo: quell'entusiasmo che nasce dall'essere in diretta radio
per fare una piacevole chiacchierata tra amiche, dal sentirsi
ascoltati.
Già,
perché grazie a voi, ho capito l'importanza di offrire un clima di
ascolto intorno a chi vuole raccontare.
Ma
la vostra forza non è solo questa: la vostra
forza sta
nella vostra capacità di ascoltare
sempre,
anche davanti ad un semplice caffè in centro senza per forza avere
qualcosa da organizzare.
E
c'è di più: sentirsi ascoltati vuol dire poter contare sulla
disponibilità di coloro che, quando mi vede piangere, raccoglie le
mie lacrime, senza voler essere la clessidra
del
mio dolore, quell’oggetto che dà il via e lo stop al pianto.
Perché
quasi sempre, chi si limita a contare le lacrime altrui, di solito
tende a centellinare anche il tempo che è disposto a passare con gli
altri, perché si costruisce un’idea tutta sua degli stati d’animo
altrui.
Avete
mai notato, infatti, che quando siamo immensamente felici spesso,
agli occhi degli altri risultiamo monotoni e ripetitivi?
Il
classico esempio è la persona follemente innamorata che parla del
soggetto del suo amore dall’alba al tramonto e dal tramonto
all’alba. Quindi dagli innamorati cronici, si preferisce stare alla
larga.
All'opposto,
invece, quando la tristezza s’insinua in noi, diventiamo,
improvvisamente, insopportabili menagrami che non sanno cogliere il
lato positivo della vita.
Cosa
fare, allora, per non essere costretti ad ascoltare?
Non
c'è niente di meglio se non confinarsi in una stanza, con la
televisione ad occupare la quasi totalità del proprio tempo libero;
pretendendo di avere intorno il silenzio più assoluto, per non
perdere nemmeno una parola di quel film visto e rivisto.
Ebbene
sì, giudico
negativamente tutto
questo. Perché giudicare non è un'azione brutta e cattiva di per
sé. Giudicare è un modo per prendere
le distanze da
ciò che ci ferisce. Avendo il coraggio di farlo anche concretamente.
Tornando solo quando ci può essere una condivisione
vera
tra le persone. Tornando solo quando le persone sono disposte a
tenere aperta la propria banca
del tempo.
Ora,
mio carissimo Capitano, penserai che ho scritto a ruota libera, senza
rispondere alla domanda che mi hai posto due giovedì fa, in
trasmissione...
La
mia risposta è molto semplice e sintetica (finalmente, dirai tu),
voglio essere (e non vorrei,
perché sarebbe come non voler prendere un impegno serio per
migliorarmi), voglio essere ciò che tu e Sharazad mi avete insegnato
ad essere e, soprattutto, non ferire con gli stessi comportamenti da
cui mi sono sentita ferita.
Nulla
di nuovo, dirai tu; me ne hai scritte talmente tante che, ormai, una
più una meno, che differenza vuoi che faccia. O almeno, non la
fa per me che ormai ho la mia vita, e tu non ne fai più parte o, per
meglio dire, non ne hai mai
fatto parte.
No,
aspetta, carissimo Ulisse, non te ne andare, permettimi di arrivare
in fondo a questa lettera, ti prego!
Questa
volta ti scrivo su affettuosa richiesta del Capitano Peter: ti
ricordi di lei, vero?
Penso
proprio di sì perché, ci siamo conosciuti proprio grazie alla sua
trasmissione radiofonica.
Come
tu ben sai, io l'ascolto ancora oggi e, ogni volta che mi chiedono di
raccontare qualcosa di me, quando telefono durante la diretta,
inevitabilmente finisco per parlare di te, pur senza nominarti
esplicitamente. È il profondo rispetto che, dopo tanta sofferenza,
devo a te e, soprattutto, alla tua nuova vita con la tua Penelope.
Ma
ora, come ho promesso al nostro carissimo Capitano, apro la mia
finestra immaginaria e, sempre qui dal mio Scoglio, provo ad
allungare il mio sguardo sulla riva opposta e lontana da me.
Quella
riva in cui so che c'è la tua isola, isola in cui tu e Penelope
avete deciso di costruire la vostra pace. Anche se non la conosco
personalmente, ho la consapevolezza che con lei tu ora sei davvero
felice.
Detto
questo però, vorrei che potessimo riallacciare i nostri rapporti
(solo letterari, ben s'intende...), per provare, ancora una volta, a
condividere l'unica passione che ci può ancora unire: quella per la
parola scritta.
Così
vorrei che tu ricominciassi a mandarmi un messaggio, ogni volta che
finisci di leggere un libro, proprio come facevi in quell'estate.
In
quell'estate in cui, grazie alla nostra amicizia, mi sentivo più
forte e libera.
Libera
dalla mia paura del futuro, delle avversità della vita e sì, anche
dalla mia carrozzina, quella che tu non esitasti a caricare sulla tua
auto, per regalarmi due serate emotivamente diverse.
Perdonami,
caro Ulisse, ma come vedi, non riesco a parlare di te, senza
mescolare passato e presente.
Ecco,
torniamo al presente. Considerato il fatto che persino la tecnologia
non vuole proprio saperne di mettersi al servizio del nostro legame
d'amicizia, quando finisci di leggere un libro, racchiudi i tuoi
pensieri in una bottiglia, e lascia che la corrente marina, la porti
da me.
Saranno
parole solo nostre,
parole
parallele che
non danneggeranno mai la tua nuova vita, perché fosti proprio tu, un
giorno a dirmi che avremmo potuto tranquillamente rivederci perché
lei è lontana dalle parole di carta. Ma non solo: sono convinta che
il libro sarebbe un ottimo filtro
per la nostra conversazione perché eviterebbe il pericolo che io
pronunci parole sbagliate.
Tempo perché ognuna, se ne ha voglia, prenda la parola e si racconti a modo suo, scegliendo in assoluta libertà di che cosa vuole parlare.
Ciò è molto importante perché consente di non cadere negli inflazionati argomenti-di volta in volta drammatici o frivoli-legati a tale ricorrenza.
Ora qualcuno potrebbe obiettare che, solo aprendo il giornale, è fin troppo chiaro che c'è ancora molta strada da fare per debellare definitivamente la violenza contro le donne. le mimose poi, quante polemiche, per un innocuo fiore giallo.
Il punto è che mi piacerebbe che l'8 Marzo diventasse un'occasione per dare spazio alle passioni delle donne.
Cosa c'è, infatti, di più efficacie di un'autentica passione, coltivata con regolarità, per sentirsi davvero partecipi del Mondo.
Nonostante io abbia dedicato molte parole al rapporto d'amore che lega un uomo ed una donna, questa volta, per passione intendo quella che si coltiva anche in solitudine, in quella stanza tutta per sé di woolfiana memoria. Non già perché ci si debba nascondere, quando si tratta di praticare ciò che ci fa stare davvero bene, anzi, tutto il contrario. Dobbiamo stare sole per costruire il messaggio che vuoi portare nel Mondo. Per quanto mi riguarda, per esempio, c'è stato un tempo in cui non riuscivo ad esprimermi attraverso la mia passione: la scrittura. Quello è stato il tempo più triste e solo della mia esistenza. Ma quel tempo è passato. Oggi sono su questa pagina per dire che, d'ora in poi, dentro o fuori dalla stanza, non rinuncerò più a parlare con il Mondo,