sabato 25 maggio 2013

Sirena o Sirenetta?

L'altro giorno, commentando il mio neonato blog, una mia conoscente mi ha fatto i complimenti per aver scelto la Sirena come immagine metaforica della donna su 4 ruote.
Colgo quindi l'occasione per precisare che essa non è una mia invenzione, ma qualcosa che ho mutuato dalla cinematografia e dalla letteratura.
Per quanto riguarda la prima, vi ricordate il film Perdiamoci di vista (Italia, 1994)?
Qui s'incontrano (o, per meglio dire, si scontrano) le vite di Arianna (Asia Argento), giovane donna paraplegica che vive da sola ed è molto determinata a difendere la sua indipendenza, e di Jepy (Carlo Verdone), che interpreta un presentatore di una trasmissione trash che non esita a sfruttare il dolore privato della gente pur di fare audience.
Dopo varie vicessitudini, su cui ora non mi soffermo, Jepy convince Arianna ad andare con lui a Praga, dove s'imbattono in un artista di strada, che ritrae la ragazza con il suo volto, naturalmente, ma con il corpo di una Sirena.
Spostandoci nel mondo di carta, troviamo l'autobiografia di Barbara Garlaschelli, scrittrice tetraplegica, dal titolo Sirena (Mezzo pesante in movimento) (Ed. TEA, Milano, 2004).
Interessante notare le due parentesi nel titolo che, idealmente, rappresentano la sedia a rotelle, per significare che essa fa sì, parte della vita della donna ma con la quale lei non si può certo identificare.
 Prima di concludere questa breve riflessione, spendo ancora qualche parola per spiegare il motivo per cui ho scelto l'icona della Sirenetta e non già quella di una Sirena.
Credo che la prima, appartenendo al mondo delle favole (e quindi dell'infanzia) sia di buon auspicio perché la vita delle persone disabili possano essere guardate, ogni giorno di più con gli occhi curiosi ma delicati, dei bambini.

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